giovedì 9 maggio 2013
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Posted: 08 May 2013 10:12 AM PDT Molti anni fa, quando lavoravo alla Rai di Napoli, avevo la mia deliziosa routine fatta per esempio di treccine allo zucchero mangiate nel tragitto che mi portava da casa alla Rai di Napoli in maniche corte a gennaio, o di cartoncini con su scritto RAI da infilare per superare il tornello, o ancora di epici pranzi alla altrettanto epica MENSA della Rai di Napoli in cui, tra un fagiolino bollito male e una polpetta affogata nel sugo, capitava di incontrare gente come Belen e Ainett Stephens (o Silvia Graziani).
Roba che qualsiasi persona normale avrebbe appuntato sulla giacca come medaglie da raccontare ai nipoti ma io no. Io, per esempio, quando lavoravo alla Rai di Napoli e mangiavo alla MENSA della Rai di Napoli, non sognavo tanto di incontrare Belen e Ainett Stephens (o Marina Giordano), quanto di essere rapito da Simonetta Martone e Gregorio Paolini e portato in un luogo fatato in cui avremmo ideato tutto il giorno nuovi e splendidi format televisivi, e nelle pause discusso di Camera Cafè, Ultimo Minuto, Les enfants de la télé, Target, Colpo di fulmine, e magari anche parlato male del mio capo di allora che sicuramente stava sulle scatole anche a loro. Ma tutto ciò non è mai accaduto. La vita è ingiusta. D’altronde, Simonetta Martone non va più in video, Alex Ferguson ha lasciato il calcio e la seconda puntata di Aggratis ha fatto il 3,93%.
Partiamo da un dettaglio. Aggratis segna il ritorno alla tv con la cartelletta. I conduttori Canino e Francini non ostentano l’iPad o altre cose che si toccano con un dito, magari muovendosi in uno studio che non esiste. Piuttosto che leggere il gobbo (e farsi sgamare), se proprio sfugge qualcosa (più Francini che Canino), preferiscono invece leggere da uno dei simboli della tv degli anni passati (gli anni felici?).
Aggratis è un varietà di comicità leggera, di quelli che si portavano una volta, ma con dettagli che ne sanciscono il tentativo di upgrade. Non parlo tanto dell’ormai immancabile twitter (per altro ben declinato nella brillante idea del telethon, che ha ampi margini di miglioramento), quanto di altri elementi di grammatica e di spirito. Le riprese aeree della Rai in esterno notte (che fanno molto tv americana), i brevi corti a introduzione dei comici, quell’atteggiamento da “prendo maledettamente sul serio cose di cui non me ne frega un cazzo” applicato per esempio alla pornostar o alla rapper prodotta da quel cantante che non nominiamo.
Piuttosto, data la durata molto lunga del programma, la frantumazione della seconda e terza serata e l’impossibilità ormai certificata di mantenere alta l’attenzione (che non esiste più), Aggratis soffre per un tono complessivamente uniforme. La totale appartenenza di genere, di per sé positiva in quanto riconoscibile,e che forse andava bene dieci anni fa, nuoce ad alcuni blocchi della scaletta, che avrebbero bisogno di passaggi ancora più bruschi, di sporcature, di innesti provenienti da altri mondi e da altri gusti magari abbassati di decibel (che ne so, un’esibizione live di questo o quel gruppo indie sul tetto della Rai, o qualsiasi altra cosa possa davvero far alzare la testa a quei fanatici del secondo schermo o far rimanere quelli che nel frattempo hanno finito il giro di 800 canali). Ad ogni modo, la struttura è definita, le idee non mancano e ci sarà tempo per risollevarsi da quel plumbeo e immeritato 3,93%. In bocca al lupo.
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A proposito: Cosmo (25-4-2011)
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