sabato 15 febbraio 2014
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Il meglio della scena musicale francese (o quasi) Posted: 15 Feb 2014 05:35 AM PST I Lilly Wood and the prick con delle cose in mano
1- FLASHBACK – La cantante indossa dei pantaloni neri di lycra, si muove come una belva sul palco, adesso martella alle percussioni, accanto a lei il chitarrista, vestito a lucido, baffetti e capelli tagliati al millimetro, appoggia la voce quel tanto che basta, si scambiano cenni d’intesa: loro sono Nili Hadida e Benjamin Cotto, ovvero Lilly Wood and the prick, ovvero questo live, momento tra i più sexy e inaspettati, resistendo a insani impulsi, lì, in mezzo al mondo (ma perché, poi?), che poco e molto ha a che fare con la musica, qui, nel cuore dell’estate, la scorsa, della città, questa: que-du-bonheur.
2- LA PRIMA VOLTA che ho sentito parlare delle Victoires de la musique, cerimonia di premiazione del meglio della musica francofona, non conoscevo praticamente nessuno dei nominati e, mea culpa, ero giovane e presuntuoso, ho preso cantonate mica da ridere (Philippe Katerine, tutta la mia adorazione in cambio del tuo perdono). È passato qualche tempo, ho comprato qualche disco, sono andato nei posti, ho unito puntini, fino a ieri, adesso: conoscenza è amore, e mai come quest’anno il mio abbraccio è totale per una scena musicale, quella francese, che sperimenta generi, esporta fuoriclasse e non smette di coltivare un vivaio che sembra inesauribile. A tutti i livelli. Ovvio, è tutto relativo. Un francese forse non sarà d’accordo (solito complesso d’inferiorità verso gli anglosassoni), così come un inglese o – addirittura – un italiano. Ma nei giudizi – specie in quelli di puro entusiasmo – conta molto il tuo contesto, da dove vieni: ecco, tu, da dove vieni?
Non si vede ma sotto ha i pantaloncini corti e i calzettoni
3 – VICTOIRES 2014, dischi e canzoni
STROMAE - Artiste interprète masculin, Album de chansons, Vidéo-clip. Trionfo annunciato e meritato per il nostro Paul, capace, fino ad ora, di vendere, solo in Francia, 1,3 milioni di copie del suo disco, e di piazzare una gragnuola di singoli uno meglio dell’altro. A suo vantaggio va la singolare richiesta dei Daft Punk di essere esclusi da tutto (“Ignorateci”), ma la sensazione è che avrebbe vinto comunque. Il 2013 è stato il suo anno. Gli sfugge il premio per la miglior canzone dell’anno (ne aveva due su quattro nonimate, i voti si sono dispersi), premio che va, sotto i fischi dello Zénith, a Johnny Halliday. Mais peu importe. Tre esibizioni, una meglio dell’altra, che confermano l’eccellenza di questo ufo che unisce finezza, trasversalità, eleganza. Come ho già scritto, uno che ti fa ballare la tristezza ha già vinto. Forse se ne accorgerà anche l’Italia, nelle prossime settimane.
VANESSA PARADIS - Vince la categoria artiste inteprète féminine, si esibisce con un look da Barbra d’altri tempi, con un sontuoso quanto antipatico Benjamin Biolay al pianoforte. Il suo disco si inscrive nella tradizionale tradizione francese. 22 tracce, tra cui spiccano un singolo di forte impatto (Love song) e una buffa cover di Tu si’ na cosa grande. Niente di davvero sorprendente, mais quand même. Paradis batte la discutibile Zaz (artista francese che vende più all’estero) e i Lilly Wood and the prick, stoltamente infilati in questa categoria (sono un DUO, PUTAIN DE MERDE). Nella tripletta finale forse meritavano un posto Elodie Fregé e la promettente Christine and the Quens.
ALBUM ROCK - Vincono i Phoenix, ed è un risultato che rasenta il ridicolo. Bankrupt ha venduto molto meno del previsto in Francia e, soprattutto, è passato quasi inosservato (si può vendere poco e rimanere nelle cose, loro non ci sono riusciti). Gli immortali Indochine (come scordare il video di College Boy, girato da Xavier Dolan) avevano un disco veramente rock, solido come quelli di una volta. I Détroit di Bertrand Cantat sono usciti troppo tardi. O troppo presto.
ELECTRO/DANCE - Con ancora – e per sempre – nelle orecchie Nightcall (Drive etc), vince Outrun di Kavinsky, meritato anche nell’ottica esportazione che tanto è cara ai ministri e al governo di questa Repubblica. Ma qui ascoltavamo molto più gli Elephanz (Time for a change è tipo il singolo) e soprattutto Gesaffelstein, il cui disco d’esordio, cupo, affascinante, ha appena iniziato la sua corsa.
ALBUM RIVELAZIONE - Vincono i La Femme, collettivo sperimentale e post-avanguardista, ovvero banda di squinternati che inneggia alle droghe e alla bizzarria. Premio meritatissimo per un disco che qui abbiamo consumato. Literally, come direbbe Chris di Parks and Rec. In finale c’erano anche due nomi forti come i Cats on trees, duo chitarra free (lei piano, voce e apparecchio ai denti, lui alla batteria) che nei prossimi mesi, sicuro, esploderanno come meritano (cantano in inglese, pop perfetto per pubblicità etc: vedi i singoli Siren Calls e Tikitikiboy); e poi Hollysiz, ovvero Cécile Cassel (sì, sorella di Vincent) incrocio ’80s tra Courtney Love, Cindy Lauper degli esordi e anche un po’ Cuccarini (ricordi il vestito bianco di Lorella a Odiens?).
TALENT e GRANDI ESCLUSI - Dopo la grande vague dei primi anni zero, i talent in Francia hanno smesso di produrre artisti. I programmi (The Voice soprattutto) hanno grande successo ma i vincitori non riescono a imporsi. Nella serata di ieri l’unico figlio dei talent (passati) era Julien Doré, capace di emanciparsi dalla sua provenienza e affermarsi come cantante di nicchia, dall’indietudine metrosexual assai pronunciata (ieri ha pure duettato con la vecchia gloria Salvatore Adamo). Tra i grandi esclusi della cerimonia, invece, tre gran bei dischi molto diversi tra loro: Parcs di Betrand Belin (voce grave e melodia), Regarde le ciel degli Aline (Je bois et puis je danse è la canzone che ballammo tutta la primavera from rive gauche to rive droite) e soprattutto Après moi le déluge dell’eccellente Alex Beaupain: incomprensibile averlo dimenticato così.
WOODKID - Un discorso a parte per Yoann Lemoine cioè Woodkid, incredibile rivelazione dell’anno scorso. Perde il premio come miglior videoclip, che pure gli andrebbe attribuito di default (ma c’era Formidable), vince il premio di Artiste révélation scène. E basta. Due sole nomination, troppo poco per tutto quello che ha saputo tirar fuori Woodkid, dentro e fuori la scena, per la fusione audiovisiva, per l’estetica, per un mondo che non appartiene a nessun altra roba. Woodkid è un numero uno, forse la prossima volta raccoglierà ancora di più in termini di riconoscimenti istituzionali. En tout cas, on s’en fout.
Per finire, alcuni dei migliori momenti di spettacolo di ieri (a parte Stromae, che tanto vedremo a Sanremo): La Femme, Lilly Wood and the Prick, Christine and the Queens, Cats on trees, Hollysiz. La variété française, quoi.
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